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Paolo Rossi Castelli01 apr 20202 min read

Diagnosi dei tumori grazie al DNA “perso” dal microbiota? | Fondazione IBSA

Si sa da tempo che i batteri presenti nell’intestino e in altre zone dell’organismo (il cosiddetto microbiota) possono, in certi casi, avere un ruolo nell’insorgenza o nello sviluppo di alcune forme di cancro, e nell’effetto delle terapie (frenandole o migliorandole). Ma uno studio appena pubblicato sulla rivista Nature va anche oltre: il materiale genetico “perso” nel sangue da questi batteri – suggeriscono i ricercatori della University of California San Diego, sede di La Jolla – potrebbe diventare, in futuro, un importante strumento per la diagnosi precoce del cancro. «Fino a oggi è stata poco studiata la complessa interazione che le cellule tumorali possono avere con batteri, virus e altri microbi – ha detto Rob Knight, direttore del Center for Microbiome Innovation della University of California. –  In realtà il numero dei geni microbici (cioè il totale del codice genetico del microbiota, ndr) supera di gran lunga nell’intestino quello dei geni umani, e quindi non dovrebbe sorprendere che questo materiale possa fornirci importanti indizi sulla nostra salute».

I ricercatori californiani hanno esaminato moltissimi dati contenuti nel Cancer Genome Atlas, un ampio archivio del National Cancer Institute statunitense. Cosa hanno visto? In 17.000 campioni (di tumore, di tessuti adiacenti al tumore stesso e di sangue) estratti da 10.481 pazienti con 33 diversi tipi di cancro, sono emerse distinte “firme” di microrganismi. Per la precisione, il 7,2% del materiale genetico analizzato non era umano, ma apparteneva a una specie batterica o virale, o ad archei (forme di archeobatteri).

Alcune di queste tracce erano attese, come l’associazione tra il papillomavirus (HPV) e i tumori del collo dell’utero (la responsabilità dell’HPV nell’insorgenza dei carcinomi uterini è ormai ben studiata e dimostrata). Anche l’associazione tra alcuni tipi di batteri e i tumori gastrointestinali, già nota ai ricercatori, è emersa dall’indagine condotta dall’équipe del professor Knight. Ma il team ha anche identificato firme microbiche precedentemente sconosciute: ad esempio, il collegamento fra il Faecalibacterium e certi tipi di cancro del colon.

A questo punto i ricercatori sono andati oltre, e hanno utilizzato sistemi di intelligenza artificiale per capire se era possibile identificare la presenza di tumori in 100 pazienti (con forme più o meno avanzate di cancro), utilizzando solo il DNA microbico presente nel loro sangue. E i primi risultati sono apparsi incoraggianti. In particolare, analizzando campioni di plasma derivato da 59 persone con carcinoma della prostata, 25 con carcinoma polmonare e 16 con melanoma, e confrontandoli con il plasma di persone sane, i bioingegneri californiani sono riusciti a individuare i diversi tipi di tumore con una precisione fino all’86 per cento. Nuovi studi saranno necessari, naturalmente ma, secondo i ricercatori, questi tipi di test potranno aiutare, in futuro, a rilevare con precisione la presenza di alcune forme di tumore in fase precoce (prima, rispetto a quanto i sistemi diagnostici attuali lo consentano), e di seguirne l’evoluzione. «Lo studio del modo in cui le popolazioni microbiche interagiscono con il cancro potrebbe aprire una strada terapeutica completamente nuova – ha confermato Sandrine Miller-Montgomery, coautrice della ricerca pubblicata su Nature. – Ora abbiamo individuato la presenza dei microbi, ma dovremo capire bene come agiscono, e capire se potremo davvero “utiizzare” questi microrganismi per curare il cancro».

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Paolo Rossi Castelli

Giornalista dal 1983, Paolo si occupa da anni di divulgazione scientifica, soprattutto nel campo della medicina e della biologia. È l'ideatore dello Sportello Cancro, il sito creato da corriere.it sull'oncologia in collaborazione con la Fondazione Umberto Veronesi. Ha collaborato per diversi anni con le pagine della Scienza del Corriere della Sera. È fondatore e direttore di PRC-Comunicare la scienza.

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