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batteri
Paolo Rossi Castelli04 mar 20212 min read

Nel nostro intestino 140.000 tipi diversi di virus

Sorprendente scoperta pubblicata dalla rivista Cell. Molti di questi virus infettano i batteri intestinali. Nella maggior parte, comunque, non creano problemi all’organismo.

 

Nell’intestino ci sono almeno 140.000 tipi diversi di virus, più della metà dei quali appena scoperti, e misteriosi.

Questo è il sorprendente risultato di uno studio pubblicato sulla rivista scientifica Cell dai ricercatori del Wellcome Sanger Institute britannico e del Laboratorio europeo di ricerca in biologia molecolare (EMBL) di Heidelberg (Germania).

Gli studiosi hanno utilizzato una particolare tecnica per leggere il codice genetico, chiamata metagenomica, e hanno analizzato a fondo il contenuto di oltre 28.000 microbiomi intestinali, raccolti in diverse parti del mondo (il microbioma, lo ricordiamo, è l’insieme del patrimonio genetico posseduto dal microbiota, cioè da tutti i microrganismi – batteri, virus e altri – che vivono nel nostro intestino senza danneggiarlo).

Il risultato è stato, appunto, la scoperta di oltre 140.000 virus intestinali diversi, la stragrande maggioranza dei quali a DNA (e non a RNA come i coronavirus, o Zika). I ricercatori hanno anche individuato 280 gruppi specifici di virus, provenienti da zone geografiche sparse in cinque continenti. Ora nuovi studi serviranno per capire come questi virus influenzino la salute umana.

Di norma il microbiota vive in equilibrio con il nostro organismo, e anzi svolge funzioni importanti, ma in certi casi intervengono squilibri, che possono contribuire all’avvio di patologie e di altre condizioni complesse, come la malattia infiammatoria intestinale, le allergie e l’obesità.

Virus intestinali batteriofagi: cosa sono

Si sa ancora relativamente poco, però, di questi meccanismi. In particolare, non si conoscono bene gli effetti dei virus chiamati batteriofagi (o, più semplicemente, fagi) che infettano i batteri presenti nell’intestino. I batteriofagi sono numerosissimi, in verità, e costituiscono la maggioranza dei 140.000 virus catalogati dagli studiosi. Altri virus, invece, hanno una funzione ancora tutta da decifrare. Siccome, comunque, i campioni esaminati nell’ambito dello studio pubblicato su Cell provenivano soprattutto da persone sane, è probabile che si tratti di coinquilini innocui dell’organismo umano, che hanno raggiunto un compromesso vantaggioso con l’ospite.

«È importante ricordare che non tutti i virus sono dannosi, ma rappresentano una componente integrata all’ecosistema intestinale» – conferma Alexandre Almeida, coautore dello studio.

Bisogna poi considerare che i virus batteriofagi contribuiscono in modo significativo alla selezione naturale (all’evoluzione) dei batteri che vivono nel nostro intestino.

All’interno dei 140.000 virus gli studiosi hanno anche individuato un nuovo stipite (clade, in termine tecnico), cioè un gruppo di virus batteriofagi che hanno uno stesso progenitore comune. È stato chiamato Gubaphage ed è il secondo, come presenza (nell’intestino), dopo un altro clade scoperto nel 2014, e denominato crAssphage, con funzioni ancora ignote.

Le sequenze virali identificate dai ricercatori (grazie anche all’intelligenza artificiale) sono state inserite in un grande archivio chiamato The Gut Phage Database, che si pensa possa diventare molto utile, nei prossimi anni, per non duplicare i risultati delle ricerche avviate a livello internazionale e per confrontare quello che verrà scoperto grazie a ulteriori indagini. Oltre ad accrescere una conoscenza fondamentale che, in tutta evidenza, è solo agli inizi, lo studio di questi virus potrebbe condurre anche alla scoperta di terapie per riequilibrare il microbiota in caso di necessità.

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Paolo Rossi Castelli

Giornalista dal 1983, Paolo si occupa da anni di divulgazione scientifica, soprattutto nel campo della medicina e della biologia. È l'ideatore dello Sportello Cancro, il sito creato da corriere.it sull'oncologia in collaborazione con la Fondazione Umberto Veronesi. Ha collaborato per diversi anni con le pagine della Scienza del Corriere della Sera. È fondatore e direttore di PRC-Comunicare la scienza.

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