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Paolo Rossi Castelli11 feb 20192 min read

Si arrampica come un viticcio il robot-pianta | Fondazione IBSA

Il primo robot flessibile, capace di imitare il comportamento dei viticci e di arrotolarsi intorno a un supporto (proprio come fanno i filamenti prensili delle viti e di altre piante), è stato realizzato dai ricercatori del Centro di Micro-BioRobotica dell’IIT-Istituto Italiano di Tecnologia a Pontedera (Pisa), guidati da Barbara Mazzolai. Il nuovo prototipo è stato descritto dagli studiosi sulla rivista scientifica Nature Communications, e in futuro potrà “ispirare” anche altri robot soft, in grado di cambiare forma. Barbara Mazzolai è considerata un pioniere in questo settore. Nel 2015 era già stata segnalata come una delle 25 ricercatrici più innovative del mondo dal sito specializzato RoboHub, che raccoglie un’ampia comunità scientifica internazionale di esperti di robotica.

I ricercatori dell’IIT hanno “copiato” alcune strategie delle piante che, non potendo muoversi, cercano di adattare continuamente la loro forma all’ambiente esterno. I viticci, in particolare, riescono a raggiungere e ad “afferrare” i supporti esterni per favorire la stabilità e il il benessere della pianta stessa. L’attenzione degli studiosi si è concentrata sui meccanismi naturali grazie ai quali le viti e altre piante sfruttano il passaggio delle molecole di acqua e sali al loro interno (osmosi) per muovere i filamenti, e li hanno replicati nel robot soffice.

Semplificando al massimo, possiamo dire che il robot è costituito da un sottile tubo di PET (la comune plastica delle bottiglie), al cui interno è presente un liquido con ioni, cioè con atomi non stabili elettricamente. Utilizzando una batteria da 1,3 Volt, gli ioni vengono attirati e immobilizzati sulla superficie di elettrodi flessibili sistemati alla base del robot-soffice, e questo innesca un processo osmotico che determina il movimento del liquido stesso, e lo srotolamento del viticcio artificiale. L’arrotolamento si ottiene rimuovendo l’effetto della batteria.

«È la prima volta – dicono i ricercatori – che viene dimostrata la possibilità di sfruttare l’osmosi per azionare movimenti reversibili. Il fatto di esserci riusciti usando una comune batteria e tessuti flessibili suggerisce la possibilità di creare robot soffici facilmente adattabili all’ambiente circostante, senza creare danni a oggetti o esseri viventi».

Il gruppo coordinato da Barbara Mazzolai sta partecipando anche a un nuovo progetto, chiamato GrowBot e finanziato dalla Commissione Europea, nell’ambito del programma “FET Proactive”. Questo progetto prevede lo sviluppo di robot che siano in grado non solo di riconoscere le superfici a cui attaccarsi o i supporti a cui ancorarsi, ma di farlo mentre crescono, adattandosi all’ambiente circostante. Proprio come fanno in natura le vere piante rampicanti.

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Paolo Rossi Castelli

Giornalista dal 1983, Paolo si occupa da anni di divulgazione scientifica, soprattutto nel campo della medicina e della biologia. È l'ideatore dello Sportello Cancro, il sito creato da corriere.it sull'oncologia in collaborazione con la Fondazione Umberto Veronesi. Ha collaborato per diversi anni con le pagine della Scienza del Corriere della Sera. È fondatore e direttore di PRC-Comunicare la scienza.

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