Uno studio delle Università di Zurigo e Neuchâtel (Svizzera) dimostra che solo gli esseri umani hanno sviluppato, nel corso dell’Evoluzione, un “baby talk”, apripista del linguaggio simbolico (che ha consentito agli umani di distinguersi da ogni altra specie animale).
Chiunque abbia parlato a un neonato sa cosa significa usare il baby talk — quel modo di esprimersi, da parte degli adulti, fatto di frasi semplici, toni acuti, vocali allungate e parole ripetute, quando si rivolgono ai più piccoli. I ricercatori lo chiamano Infant-Directed Speech, e da anni è oggetto di analisi per il suo ruolo nello sviluppo del linguaggio dei bambini.
Ora, grazie a un nuovo studio internazionale coordinato dall’Università di Zurigo e da quella di Neuchâtel, il baby talk torna al centro dell’attenzione, conquistando la copertina della rivista Science Advances.
I ricercatori (biologi e linguisti), anche di università francesi e tedesche, hanno osservato a lungo l'uso della "comunicazione vocale diretta ai cuccioli" (questo il termine tecnico) in quattro specie di grandi scimmie (bonobo, scimpanzé, gorilla e oranghi), oltre alla specie umana. Per farlo, hanno registrato meticolosamente le vocalizzazioni a cui i cuccioli delle grandi scimmie erano esposti in natura. Obiettivo: capire se anche i nostri “cugini evolutivi” usano forme di comunicazione vocale esplicitamente dirette ai piccoli.
I risultati dello studio mostrano che, di gran lunga, gli esseri umani sono gli utilizzatori più assidui di baby talk. "Siamo rimasti sorpresi da quanto poco questo tipo di comunicazione venga osservato nei nostri parenti più prossimi - spiega Franziska Wegdell, ricercatrice presso l’Università di Zurigo e prima autrice dello studio. - Osservando il rapporto adulti-neonati in intervalli temporali anche molto brevi (2 minuti), abbiamo visto che l’adulto emetteva sempre suoni rivolti al bambino, mentre gli altri primati a volte rimanevano completamente silenziosi". Questo tipo di comunicazione esiste anche in alcune altre specie, dai gatti ai pipistrelli e ai delfini, ma negli esseri umani ha raggiunto un livello di raffinatezza e frequenza senza paragoni.
Come fanno, allora, i cuccioli delle grandi scimmie (e degli altri animali) a “entrare” nel sistema di comunicazione degli adulti senza l’aiuto del baby talk? Il linguaggio, scrivono su Science Advances i ricercatori svizzeri (e questo vale anche per gli umani), non si apprende solo attraverso le frasi rivolte direttamente. "I cuccioli imparano anche per “osmosi” - commenta Johanna Schick, coautrice dello studio - captando parole e suoni dal contesto: conversazioni tra adulti, rumori di fondo, gesti". Ma solo gli esseri umani, come dicevamo, hanno sviluppato nel corso dell’Evoluzione una forma di comunicazione dedicata e costante, che probabilmente ha avuto un impatto decisivo sull’evoluzione del linguaggio.
Sempre a proposito del baby talk, è uscito recentemente anche un secondo studio, pubblicato questa volta dalla rivista scientifica APA PsycNet. I ricercatori delle Università di Tokyo in Giappone, Aarhus in Danimarca e Amsterdam in Olanda, hanno eseguito una metanalisi dei risultati di 20 ricerche eseguite con criteri omogenei negli anni passati da vari gruppi internazionali, e si sono soffermati anche su altre 35 ricerche che avevano adottato, però, approcci diversi. In particolare, gli studiosi hanno misurato la frequenza delle vocali “a”, “i” e “u” nel baby talk (perché questi suoni sono più facili da udire e potrebbero essere fondamentali per l’apprendimento del linguaggio). In effetti, hanno scoperto che le madri enfatizzano quelle vocali in almeno dieci lingue diverse. Questo potrebbe facilitare l’apprendimento precoce del linguaggio, anche se gli autori segnalano che molti studi sono ancora troppo eterogenei per trarre conclusioni definitive.
Quello che appare certo, comunque, è che L’Infant-Directed Speech non è solo una tenerezza istintiva, ma una potente strategia evolutiva. Non per niente, molti studiosi considerano il baby talk come un indicatore cruciale dell’emergere del linguaggio simbolico, quello che distingue gli esseri umani da ogni altra specie animale.