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Dai batteri viola un aiuto “pulito” contro i rifiuti | Fondazione IBSA

Scritto da Paolo Rossi Castelli | 22 nov 2018

Un aiuto significativo per affrontare il problema del trattamento delle acque di scarico che contengono residui organici (legati ad avanzi di cibo, deiezioni, erba e foglie secche, scarti di legno, e così via) potrebbe arrivare da un particolare tipo di batteri viola, definiti fototrofi, cioè capaci di estrarre energia grazie alla luce (in un modo simile, per certi aspetti, a quello che fanno le piante con la fotosintesi). Questi microrganismi, se opportunamente stimolati, sarebbero in grado di “catturare” quasi il 100% delle molecole organiche (a base di carbonio) presenti nei rifiuti, trasformandole in idrogeno, bioplastiche e forse anche in proteine da riutilizzare per i mangimi animali: tutto questo – ed è un risultato molto importante – senza produrre anidride carbonica, responsabile dell’effetto serra (come invece avviene con i sistemi di trattamento tradizionali). A tale conclusione sono arrivati i ricercatori dell’Università Re Juan Carlos, sede di Móstoles (Spagna), e dell’Università di Alcalá, che hanno pubblicato sulla rivista scientifica Frontiers in Energy Research i risultati di uno studio sperimentale.

In particolare, i ricercatori spagnoli hanno sottoposto i batteri a deboli stimolazioni elettriche, modificando il loro metabolismo e rendendoli capaci di riciclare le sostanze organiche. Al termine della loro “attività” (piuttosto complessa, dal punto di vista chimico e fisico), i batteri viola hanno trasformato queste sostanze in molecole facili da impiegare di nuovo, liberando nello stesso tempo, come dicevamo, anche idrogeno, adatto alla produzione di corrente elettrica (tramite varie tecniche).

Lo studio dei ricercatori spagnoli lascia intravedere scenari anche più ampi: è infatti possibile che con manipolazioni diverse (per esempio, agendo sull’intensità della luce, o sulla temperatura) gli stessi batteri possano digerire e trasformare anche altri tipi di sostanze, diventando quindi vere e proprie centrali di trattamento e riutilizzo biologico, in sistemi ribattezzati bioelettrochimici.