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“Respirare” con l’intestino, quando i polmoni sono bloccati

Scritto da Paolo Rossi Castelli | 24 nov 2025

Sembrava una notizia degna solo del premio che le è stato attribuito nel 2024, l’Ig Nobel (un “riconoscimento” assegnato ogni anno, durante una cerimonia nel museo del Massachusetts Institute of Technology, alle ricerche più bizzarre, “che prima fanno ridere le persone e poi le fanno riflettere” - secondo la definizione del fondatore del premio stesso, Marc Abrahams). E invece la ventilazione enterale, chiamata anche respirazione intestinale, annunciata nel 2021 da un gruppo di studiosi giapponesi e americani dopo lunghi test su diversi tipi di mammiferi, potrebbe tramutarsi in qualcosa di molto serio, cioè in una delle opzioni a disposizione di medici e operatori per fornire velocemente più ossigeno a persone con le vie respiratorie bloccate.

Un nuovo studio pubblicato dalla rivista scientifica Med, del gruppo Cell , mostra infatti che questa tecnica “bizzarra” (inserire uno speciale liquido iperossigenato nel colon, tramite una sorta di clistere, per trasferire ossigeno al sangue attraverso la parete intestinale e non attraverso i polmoni) può essere studiata in sicurezza anche sugli esseri umani. 

Un'idea nata osservando i pesci   

L’idea arriva da molto lontano, e cioè dall’osservazione del comportamento di alcune specie di pesci, come i cobitidi, che vanno in cerca di cibo vicino ai fondali, spesso sabbiosi o fangosi, dove le branchie non sono sufficienti per estrarre ossigeno dall’acqua. Per ovviare al problema, i cobitidi ingoiano aria, quando sono in superficie, accumulandola nell’intestino. Quando poi si trovano in condizioni di difficoltà, sui fondali, assorbono l’ossigeno attraverso l’intestino stesso.
Per gli esseri umani, ovviamente, la situazione è molto diversa: ma
forse anche noi potremo ossigenarci, in condizioni di emergenza, tramite questa via alternativa. 

Le ricerche di un “pioniere” americano

Gli autori dello studio (ricercatori di quattro università giapponesi e della University of Cincinnati negli Stati Uniti) si sono basati sul lavoro dell’americano Leland Clark, ex ricercatore del Cincinnati Children’s Hospital Medical Center e pioniere di queste tecniche, che aveva messo a punto un liquido, chiamato perfluorocarburo coniugato, in grado di trasportare grandi quantità di ossigeno, un po’ come fa il sangue.  
Il tentativo di utilizzare il perfluorocarburo come sangue artificiale era fallito, ma questa sostanza iperossigenata non è mai stata messa da parte, e le sperimentazioni sono continuate con successo sugli animali (roditori e maiali) per testare la capacità di portare ossigeno al sangue tramite il colon. 

Per la prima volta i test anche sulluomo

Adesso, come dicevamo, si è deciso di passare anche agli esseri umani, quanto meno per valutare la tollerabilità (e l’eventuale tossicità) di questo metodo. Nello studio appena pubblicato su Med sono stati coinvolti 27 uomini sani in Giappone, ai quali è stato chiesto di trattenere quantità variabili di perfluorocarburo (fino a un litro e mezzo) nel colon per 60 minuti. Ai volumi più elevati, i partecipanti hanno riportato gonfiore e fastidio addominale, ma non sono stati segnalati eventi avversi gravi. I risultati sono apparsi incoraggianti, perché i parametri generali, compresi quelli renali e quelli epatici, sono rimasti nella norma, e il perfluorocarburo non è stato assorbito in modo anomalo, o eccessivo.  

«Si tratta dei primi dati sull'uomo e i risultati si limitano a dimostrare la sicurezza della procedura e non la sua efficacia - ribadisce Takanori Takebe, coordinatore dello studio e docente all’Università di Osaka e a quella di Cincinnati. - Ma ora che è stata accertata la tolleranza, potremo procedere con la valutazione dell'efficacia del processo nel fornire ossigeno al flusso sanguigno».

Un “sostegno” in più ai macchinari per la ventilazione 

Se anche le nuove sperimentazioni daranno esiti positivi, le applicazioni della ventilazione enterale potranno riguardare i casi acuti in cui le vie aeree sono bloccate da lesioni o infiammazioni, o quando la funzionalità polmonare è gravemente limitata da infezioni o altre complicazioni, e i macchinari per la ventilazione non risultano sufficienti. In questi casi, avere una seconda via per fornire rapidamente ossigeno all’organismo potrà fornire un aiuto significativo, lasciando riposare nel frattempo i polmoni.