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Biomarcatore-tumore-fegato
Paolo Rossi Castelli19 mag 20222 min read

Un biomarcatore per scoprire il tumore del fegato

Frammenti di RNA persi nel sangue dalle cellule cancerose sembrano in grado di svelare precocemente la presenza del tumore del fegato, quando ancora è curabile con efficacia. Studio dell’Università di Nanchino (Cina).

Il carcinoma epatocellulare (in sigla, HCC), uno dei tumori più ostici da affrontare poiché spesso diagnosticato in ritardo, potrebbe essere contrastato più efficacemente in futuro, grazie a un nuovo biomarcatore genetico appena scoperto. Il biomarcatore appare in grado di svelare la presenza di questo tumore del fegato molto prima di quanto sia possibile fare attualmente, e di seguirne anche levoluzione nel tempo. Tutto ciò permetterebbe anche di impostare da subito percorsi terapeutici caratterizzati da maggiori probabilità di successo.

Il nuovo marcatore è un frammento di uno dei diversi tipi di RNA, il tRNA (dove t sta per trasporto). Per la precisione, viene definito stRNA da small tRNA. Si sa da tempo che queste piccole sequenze di nucleotidi (componenti del codice genetico) hanno un ruolo specifico nellinsorgenza dei tumori, e infatti la loro concentrazione cresce sensibilmente quando è in atto il processo neoplastico.

Alcuni frammenti di RNA persi nel sangue dalle cellule cancerose sono già stati associati a specifici tumori, ma finora non erano stati trovati collegamenti con l’epatocarcinoma. A colmare il vuoto provvede ora una ricerca degli epatologi dell’Università di Nanchino, in Cina, che sembrano avere identificato la firma” genetica di questo tumore, già nelle fasi iniziali (nel cosiddetto stadio I). Il frammento in questione si chiama tRF-Gln-TTG-006, ed è individuabile con un semplice prelievo di sangue.

Un promettente biomarcatore della diagnosi precoce del carcinoma epatocellulare
Stando a quanto riferito sulla rivista scientifica Frontiers of Medicine, la specificità di tRF-Gln-TTG-006 è emersa dal confronto tra i valori rilevati in 24 malati di epatocarcinoma e quelli quantificati in 24 persone sane, di controllo. Inoltre, la sensibilità del marcatore, verificata in circa 150 pazienti e in altrettante persone sane, si è rivelata alta (intorno all80%) anche per tumori di stadio I: valori superiori al marcatore oggi più utilizzato per monitorare lepatocarcinoma, lalfa-fetoproteina.

Infine, ulteriori prove di laboratorio hanno confermato che tRF-Gln-TTG-006 interviene nei processi di morte cellulare programmata (apoptosi, in termine tecnico) e nella formazione di colonie di cellule proliferanti: interviene, cioè, nei due fattori classici della crescita tumorale. Le cellule cancerose, infatti, si moltiplicano in modo eccessivo per una regolazione sbagliata della loro duplicazione, o perché non scatta il suicidio programmato.

«Sulla base della nostra ricerca conferma Yanbo Wang, docente all’Università di Nanchino e coordinatore dello studio l’stRNA è un promettente biomarcatore della diagnosi precoce del carcinoma epatocellulare».
Lo studio verrà esteso a un numero più ampio di pazienti, per convalidarne definitivamente laffidabilità.

Il ruolo dei virus dell’epatite

Il carcinoma epatocellulare è il più comune tumore primitivo del fegato, cioè sviluppato direttamente dalle sue cellule, gli epatociti. Nella maggior parte dei casi è favorito dai virus dell'epatite B e C, che spesso, però, non danno sintomi evidenti.

Si calcola che, a livello mondiale, sia il quinto carcinoma più comune fra gli uomini e lottavo nelle donnepiù diffuso in Asia rispetto a Europa e Stati Uniti). Se non viene diagnosticato precocemente, è difficile da curare, per la sua natura aggressiva (resistente spesso alla chemioterapia e radioterapia) e perché la diffusione ai vasi sanguigni circostanti rende spesso impossibile la chirurgia.

 

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Paolo Rossi Castelli

Giornalista dal 1983, Paolo si occupa da anni di divulgazione scientifica, soprattutto nel campo della medicina e della biologia. È l'ideatore dello Sportello Cancro, il sito creato da corriere.it sull'oncologia in collaborazione con la Fondazione Umberto Veronesi. Ha collaborato per diversi anni con le pagine della Scienza del Corriere della Sera. È fondatore e direttore di PRC-Comunicare la scienza.