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Ospedali storici
Catterina Seia25 ott 20224 min read

Gli ospedali storici, risorse per il futuro

L’associazione italiana ACOSI lancia la Prima Giornata degli Ospedali Storici italiani il 9 ottobre 2022. Tredici ospedali aprono le loro porte per visite guidate, momenti di approfondimento e concerti.

Gli antichi complessi ospedalieri sono accomunati da una storia che ha le proprie radici nel Medioevo e che testimonia come cura e accoglienza siano, da sempre, uno dei pilastri su cui si fonda la civiltà europea. Luoghi di scienza e di pensiero, città nelle città, sono stati centri di innovazione ma anche di solidarietà, di cui hanno perfezionato i meccanismi.

Raccontano la storia delle donne e degli uomini che, nel corso dei secoli, si sono impegnati per stare accanto ai più fragili, a coloro che soffrono, dando loro un sostegno materiale, spirituale e preoccupandosi della salute dei singoli individui e della collettività. Sono luoghi in cui l’arte ha sempre avuto un ruolo imprescindibile nel processo di cura, che metteva al centro la persona nella sua interezza di corpo e spirito. Intorno agli ospedali sono nate le comunità, in essi si è espressa la fede, la religione, ma anche luoghi in cui hanno operato i Santi e gli artisti: qui si è formato quel senso di appartenenza e di speranza che rappresenta un valore tramandato imprescindibile per la conoscenza della società, in Italia e in Europa.

Il patrimonio artistico degli ospedali

Quando alla fine del XX secolo, l’evoluzione della scienza medica ha reso impossibile mantenere la funzione ospedaliera in molti di questi edifici, è stata scelta per essi, comunque, una funzione comunitaria e culturale, come nel caso, ad esempio, del Museo di Santa Maria della Scala a Siena.

Molti complessi ospedalieri antichi mantengono ancora funzioni di cura e assistenza al loro interno, pur con la complessità di dover far convivere la tecnicalità del processo di cura contemporaneo con il patrimonio artistico e architettonico che essi rappresentano. Una apparente contraddizione – tra modernità e sofferenza – che affonda le sue radici nel concetto di ospedale illuministico, tra scienza e tecnologia, arte e bellezza.

Ma gli ospedali sono tra i luoghi dove maggiormente si colloca una delle più straordinarie eredità culturali, in Italia e nel mondo occidentale.

Tredici di questi capolavori dell’architettura applicata alla scienza medica in Italia – in cui ancora oggi la funzione ospedaliera di esplica - si sono uniti nell’Associazione Ospedali Storici ACOSI per proteggere, studiare e far conoscere uno dei “giacimenti” culturali oggi meno noti ma sicuramente più interessanti e fecondi della storia della civiltà italiana della cura delle persone.

Si tratta dell’Azienda Ospedaliera Santi Antonio e Cesare Arrigo di Alessandria, gli Spedali Civili di Brescia, l’Ospedale degli Infermi di Faenza, l’Ospedale Santa Maria Nuova di Firenze, l’Ospedale Maggiore di Lodi, l’Ospedale Maggiore Policlinico Ca’ Granda di Milano, l’Ospedale degli incurabili di Napoli, l'Ospedale SS. Cosma e Damiano a Pescia, l'Ex Ospedale “Misericordia e Dolce” a Prato, l'Ospedale Santo Spirito in Sassia e l'Ospedale San Giovanni Addolorata a Roma, l’Ospedale G.Ceccarini di Riccione e l'Ospedale SS. Giovanni e Paolo a Venezia.

ACOSI è un’associazione culturale non profit costituita tra Aziende Sanitarie e ospedaliere, Istituti di ricovero e cura a carattere scientifico (IRCSS), enti di assistenza e associazioni mutualistiche italiane in possesso di beni di interesse artistico, storico, culturale ed architettonico, impegnata nella promozione, valorizzazione, recupero, conservazione, tutela, gestione e incremento del patrimonio culturale materiale e immateriale dei propri associati. L’Associazione è altresì impegnata nella condivisione, con soggetti pubblici e privati, di soluzioni gestionali volte a facilitare la conservazione, la valorizzazione e la promozione del patrimonio culturale custodito dalle strutture sanitarie associate.

L’arte negli ospedali: un impegno civile

Come ben rappresentato, infatti, recentemente, dai due volumi fotografici Hospitalia e Ars Curandi di Elena Franco, il patrimonio rappresentato dagli antichi ospedali testimonia, a livello italiano ed europeo, l’impegno che la società civile ha dedicato alla costruzione e al mantenimento di questi importanti monumenti sociali, cattedrali dell’accoglienza e della cura che, oltre ad occuparsi dei malati e dei fragili in ambito cittadino estendevano al territorio tutto, attraverso il sistema di fattorie e terreni, l’impegno responsabile nei confronti dei bisognosi.

A livello europeo è operativa una rete, il Réseau des Hôtels-dieu et Apothicaireries, fondato nel 2007 che ha per missione la valorizzazione del patrimonio ospedaliero e la realizzazione di azioni comuni di promozione nei confronti di un ampio pubblico.

Due fra i suoi membri aderenti, gli Hospices de Beaune in Francia e Notre Dame à la Rose a Lessines in Belgio stanno lavorando alla costruzione di un dossier per il riconoscimento quale bene Unesco dei due siti ospedalieri, in rete anche con l’Hôtel-Dieu di Quebec City, evidenziando bene il fatto che i siti ospedalieri rappresentano dei patrimoni di cultura scientifica, sociale, materiale e immateriale, importanti soprattutto per progettare il futuro.

Arte e cura: quale futuro per gli ospedali storici?

Conoscere questi luoghi della cura e i loro patrimoni storico artistici e scientifici, infatti, senza nostalgia e retorica è importante per rispondere al forte bisogno – contemporaneo - di approfondimento di quegli aspetti più legati alle discipline umanistiche in medicina, così come si sta definendo nel campo delle medical humanities.

Tutelare, utilizzare e rileggere questi luoghi può, dunque, contribuire al dibattito sulla cura del futuro, poiché, se la guarigione non può essere data per scontata, esiste un diritto alla cura - fisica e spirituale - e un’arte della cura che debbano guidarci nelle scelte di evoluzione della nostra società di fronte alle questioni etiche che la medicina ci porrà. E che, allo stesso modo, esista la necessità di allargare il campo della cura al Pianeta, così come da sempre hanno fatto le donne e gli uomini impegnati nella gestione ospedaliera con il sistema dei beni rurali ad essi collegati.

 


A cura di Catterina Seia e Maria Teresa D ‘Aquino
Maria Teresa D ‘Aquino - giornalista, Direttrice del Centro Studi per le Medical Humanities Cura e Comunità, Alessandria.

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Catterina Seia

Co-Founder e Presidente CCW-Cultural Welfare Center; Co-Founder e Vice-Presidente della Fondazione Fitzcarraldo; Vice-Presidente della Fondazione Medicina a Misura di Donna

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