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IBSA Foundation_Mini robot biologici
Paolo Rossi Castelli13 dic 20232 min read

Mini-robot biologici aiutano i processi di guarigione

Sulla rivista Advanced Science i risultati di una sperimentazione condotta a Boston. Cellule di trachea, opportunamente trattate, diventano “macchine” in grado di raggiungere i punti dell’organismo da riparare. 

Li hanno chiamati Anthrobot, unendo la radice greca della parola “uomo” con robot, ma di robotico, in realtà, hanno poco, a parte il comportamento. Sono infatti cellule umane, in particolare di trachea, che, opportunamente indirizzate, assumono conformazioni e movimenti che le spingono a dirigersi verso obiettivi specifici e a facilitare i processi di guarigione. Sembrano quindi robot in miniatura, ma non hanno inserimenti artificiali, né modifiche genetiche.
A metterli a punto e a spiegarne il funzionamento sono stati i ricercatori della Tufts University di Boston (Stati Uniti), che hanno illustrato quanto ottenuto sulla rivista Advanced Science.

Forme e tipi di movimento variabili

Gli studiosi sono partiti da cellule di trachea, perché – allo scopo di tenere pulite le prime vie aeree – sono dotate di ciglia mobili, non troppo diverse da quelle che si trovano in molti batteri detti, appunto, cigliati. I ricercatori hanno notato che, una volta messe in coltura, queste cellule assumevano forme differenti a seconda della composizione dei supporti su cui erano coltivate, e hanno sfruttato queste particolarità chimico-fisiche.

Sono così riusciti a ottenere cellule di dimensioni variabili tra i 30 e i 500 micrometri (millesimi di millimetro), che assumevano forme più o meno tondeggianti, irregolari o ellissoidali, con ciglia più o meno lunghe, presenti su tutta la superficie, oppure polarizzate in certi punti o in un unico polo, e che adottavano diversi tipi di moto (per esempio dritto, o circolare). Quindi, sempre agendo sui mezzi e sulle condizioni di coltura, hanno costretto queste cellule ad avere contatti ravvicinati, e hanno così dimostrato che, in questo modo, tendevano a formare organoidi chiamati Superbot, cioè aggregati composti da alcune decine di cellule.

Un “ponte” fra la parte sana e quella danneggiata

Poi i ricercatori sono andati avanti, e hanno posto gli organoidi a contatto con colture di cellule nervose, nelle quali erano state prodotte delle lesioni, e a quel punto hanno scoperto che gli organoidi, grazie alle disposizioni delle ciglia, si muovevano in direzione del danno, e stimolavano la riparazione.

Nei test i Superbot hanno costruito veri e propri ponti cellulari tra la parte sana e quella danneggiata, favorendo una riparazione che, nelle zone circostanti, prive di Superbot, era del tutto assente. Poi, dopo al massimo un paio di mesi, i Superbot morivano e si dissolvevano.

In che modo avvenga il richiamo verso la lesione (e soprattutto la successiva stimolazione dei fenomeni riparativi) per il momento non è noto, ma già si intravedono le possibili applicazioni. In caso di necessità, si potrebbero infatti realizzare Anthrobot modificati, partendo dalle cellule del paziente, per non avere rigetto, e inviarli nelle zone dell’organismo (per esempio, della retina o della colonna vertebrale) in cui è necessario riparare tessuti lesionati. Inoltre, si potrebbero far svolgere agli Anthrobot funzioni come la ripulitura delle arterie dai depositi di colesterolo, o il trasporto di farmaci in sedi specifiche, o - ancora - la neutralizzazione di cellule tumorali o di microrganismi patogeni.

Sicuri e non si riproducono

Siccome si tratta a tutti gli effetti di cellule adulte - spiegano i ricercatori - non c’è alcuna possibilità che gli Anthrobot sopravvivano in condizioni diverse da quelle create in laboratorio né, tantomeno, che si riproducano o che subiscano mutazioni genetiche. Sono pertanto considerati sicuri.
Gli studi proseguono, in ogni caso, per verificare tutte le potenzialità (ma anche le eventuali controindicazioni) di questi robot umani”.

 


 

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Paolo Rossi Castelli

Giornalista dal 1983, Paolo si occupa da anni di divulgazione scientifica, soprattutto nel campo della medicina e della biologia. È l'ideatore dello Sportello Cancro, il sito creato da corriere.it sull'oncologia in collaborazione con la Fondazione Umberto Veronesi. Ha collaborato per diversi anni con le pagine della Scienza del Corriere della Sera. È fondatore e direttore di PRC-Comunicare la scienza.

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