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Paolo Rossi Castelli05 giu 20202 min read

Dai ricercatori militari americani un nuovo vaccino anti-Ebola | Fondazione IBSA

Mentre più di 100 possibili tipi di vaccino contro il Covid-19 sono allo studio nel mondo, procede a ritmi intensi anche la ricerca di farmaci capaci di stimolare le difese immunitarie contro altre malattie virali pericolose, in particolare contro Ebola (la febbre emorragica che conduce alla morte più del 50% delle persone contagiate). Un vaccino anti-Ebola, realizzato dalla Merck, è già stato approvato nel novembre 2019 dall’Agenzia europea per i medicinali (EMA), e anche utilizzato “sul campo” per proteggere più di 250.000 persone nella Repubblica Democratica del Congo. Ma le ricerche continuano ad andare avanti, per ottenere risultati sempre più efficaci contro i diversi tipi di virus Ebola (il vaccino della Merck protegge dalla specie Zaire ora presente in Congo, ma non contro quella definita Sudan, all’origine di sette focolai in altre zone). Nello stesso tempo si studiano anche modalità per rendere più agevole la somministrazione: il vaccino approvato dall’EMA, ad esempio, deve essere conservato al freddo, e questo non è sempre possibile nei Paesi africani in cui la febbre emorragica è diffusa.

Fra i nuovi possibili vaccini anti-Ebola appare promettente un “prototipo” sviluppato dall’Istituto di ricerca medica sulle malattie infettive dell’Esercito degli Stati Uniti (United States Army Medical Research Institute of Infectious Disease). Come riferisce la rivista scientifica Vaccine, questo nuovo tipo di vaccino è costituito da una proteina del virus Ebola duplicata in laboratorio (e non, quindi, da tutto il virus, come nel caso del vaccino Merck), e potenziata da una sostanza adiuvante chiamata Advax e sviluppata in Australia dalla Vaxine, un’azienda creata dal National Health Sciences Center di Canberra. Il nuovo vaccino, scrivono i ricercatori, ha un effetto altamente protettivo sugli animali da laboratorio, anche dopo una sola iniezione, e resta stabile anche al caldo. Inoltre la protezione sembra essere di lunga durata, e gli anticorpi prodotti da un animale, se trasferiti in un altro animale non vaccinato e infettato, appaiono in grado di produrre un effetto terapeutico (come accade ai malati di Covid-19 trattati con il plasma dei pazienti guariti). Ci sono, insomma, i presupposti per proseguire nelle ricerche. Ma anche altre case farmaceutiche, come GlaxoSmithKline e Johnson & Johnson, sono impegnate in questo ambito.

Il virus Ebola, lo ricordiamo, continua a causare periodici focolai di contagio in diverse zone dell’Africa. Uno dei più gravi, emerso fra il 2014 e il 2016, ha causato migliaia di morti in Guinea, Sierra Leone e Liberia. Nel 2018 una nuova epidemia si è diffusa nella Repubblica Democratica del Congo, destando grande preoccupazione, anche se in quel caso è stato possibile somministrare i primi vaccini sperimentali. La malattia, però, non è ancora stata sconfitta, in Congo.

L’abbinamento di una proteina virale sintetica e di un adiuvante in grado di potenziare la risposta del sistema immunitario, provato contro Ebola, viene studiato anche per arginare il Covid-19. La Vaxine sta sondando questa strada, ma anche altre grandi aziende del settore: i test sugli animali sono molto avanzati e si inizia a programmare la sperimentazione anche sull’uomo.

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Paolo Rossi Castelli

Giornalista dal 1983, Paolo si occupa da anni di divulgazione scientifica, soprattutto nel campo della medicina e della biologia. È l'ideatore dello Sportello Cancro, il sito creato da corriere.it sull'oncologia in collaborazione con la Fondazione Umberto Veronesi. Ha collaborato per diversi anni con le pagine della Scienza del Corriere della Sera. È fondatore e direttore di PRC-Comunicare la scienza.

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