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Surgeons at New York University transplanted pig kidneys into legally dead people
Paolo Rossi Castelli04 ago 20223 min read

Dal maiale all’uomo, xenotrapianti al via?

L’FDA statunitense (l’ente che regola la sperimentazione di farmaci e nuove terapie negli USA) deciderà nei prossimi mesi se autorizzare su larga scala il trapianto sperimentale di cuori di suini geneticamente modificati per essere compatibili con gli esseri umani.

Sembra avvicinarsi il momento in cui i trapianti di organi ottenuti da animali geneticamente modificati per questo scopo, detti xenotrapianti, saranno sottoposti – almeno negli Stati Uniti – all’unica vera prova che potrebbe stabilirne l’efficacia e l’assenza di rischi troppo gravi: quella della sperimentazione clinica su ampia e standardizzata scala.

Xenotrapianto: verso protocolli sperimentali su numeri più ampi
Finora, invece, i pochi esperimenti portati a termine sono stati realizzati su singoli casi: in particolare, su pazienti che versavano in condizioni disperate, per i quali è stato autorizzato un protocollo compassionevole (come si dice in termine tecnico), derogando alle regole che vietano la procedura. Ma i singoli casi non servono per giungere alle approvazioni e, a questo punto, i medici e i ricercatori impegnati da anni a studiare le tecniche di xenotrapianto sostengono che ci siano gli estremi (cioè si sia raggiunta una massa critica di informazioni) per procedere con numeri più grandi, nell’ambito di protocolli sperimentali ancora da elaborare.

Al tema è dedicato un articolo della rivista scientifica Nature, che ricorda le due vicende più note in questo ambito delicato e controverso: nel 2021 i chirurghi della New York University hanno ottenuto il permesso di trapiantare reni di maiale in due pazienti clinicamente morti, anche se ancora a cuore battente, per verificare il rigetto e la funzionalità degli organi. I reni hanno funzionato bene per 54 ore e, apparentemente, hanno iniziato a produrre urina. Maggiore risonanza ha poi avuto l’esperimento condotto a Baltimora all’inizio del 2022, quando un paziente ha ricevuto un cuore, sempre di maiale. L’uomo è però deceduto due mesi dopo a causa di uninfezione da citomegalovirus porcino, che era silente e che non era stata quindi individuata prima che si riattivasse nel trapiantato.

Xenotrapianto: i problemi ancora da risolvere
Questi due casi rappresentano bene i principali tipi di domande in attesa di risposta. In primo luogo, la fonte degli organi. Lanimale più adatto sembra essere il maiale, sottoposto a opportune modifiche genetiche affinché sviluppi organi con antigeni umani, che non siano quindi riconosciuti come estranei e rigettati.
Tutti i test effettuati negli ultimi anni, anche su primati diversi dagli uomini (babbuini), autorizzano a essere ottimisti, ma non bastano, perché le reazioni del corpo umano sono difficili da prevedere. Di qui la richiesta di studi clinici su pazienti, anche per ottimizzare le modifiche genetiche e capire quali siano le razze di maiale migliori per questi scopi.

Un altro aspetto cruciale, come si è visto a Baltimora – e secondo i più scettici insuperabile, e tale da impedire un vero sviluppo degli xenotrapianti – è quello dei possibili virus. Oltre al citomegalovirus suino, negli animali, anche quando vengono allevati nelle condizioni migliori, cioè in aziende specializzate, albergano probabilmente centinaia o migliaia di virus sconosciuti. Gli studi permetterebbero di individuarne almeno una parte, ma non è detto che si riesca a superare in misura accettabile il rischio di infezioni sconosciute, con tutto ciò che questo comporta, anche per i possibili salti di specie.

Infine, solo i trial clinici potrebbero consentire di mettere a punto i migliori cocktail di farmaci immunosoppressori (contro il rigetto) da utilizzare in ogni paziente, a seconda delle condizioni dell’organo, del malato e dell’animale di origine. E resta anche da capire se le singole malattie dei pazienti, come il diabete, possano avere a loro volta influenza sul successo del trapianto.

Le richieste dei chirurghi americani
I chirurghi americani (in particolare quelli dell'Università dell'Alabama e dell'Università del Maryland), a fronte di una richiesta di organi che solo negli Stati Uniti ha ormai raggiunto una lista d’attesa di 100.000 unità (soltanto in parte disponibili), pensano, per ora, a studi molto focalizzati su aspetti specifici, da condurre su persone che non abbiano più alcuna aspettativa di vita.

Di questo stanno discutendo con la Food and Drug Administration (FDA, lente che regola le sperimentazioni dei farmaci e delle altre terapie negli Stati Uniti). Questa importante istituzione non si è ancora espressa, ma secondo alcuni media americani un suo pronunciamento su tempi e condizioni dovrebbe essere reso noto nel giro di pochi mesi.


Crediti: Joe Carrotta per NYU Langone Health
Alla fine dello scorso anno, i chirurghi della New York University hanno trapiantato per la prima volta reni di maiale in persone legalmente morte e sottoposte a ventilazione.

 

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Paolo Rossi Castelli

Giornalista dal 1983, Paolo si occupa da anni di divulgazione scientifica, soprattutto nel campo della medicina e della biologia. È l'ideatore dello Sportello Cancro, il sito creato da corriere.it sull'oncologia in collaborazione con la Fondazione Umberto Veronesi. Ha collaborato per diversi anni con le pagine della Scienza del Corriere della Sera. È fondatore e direttore di PRC-Comunicare la scienza.