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Paolo Rossi Castelli04 lug 20252 min read

Degenerazione maculare senile: un nuovo "bersaglio" per creare farmaci realmente efficaci

Degenerazione maculare senile: un nuovo "bersaglio" per creare farmaci realmente efficaci
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Individuata dai ricercatori dell’Università della California una sostanza, all’interno dell’occhio, che favorisce la degenerazione maculare senile (una malattia in continua crescita nella popolazione anziana)

Uno studio  dell’Università della California, pubblicato sulla rivista scientifica PNAS, apre qualche spiraglio terapeutico per la degenerazione maculare senile di tipo secco

Che cos’è la degenerazione maculare senile?

La degenerazione maculare è una malattia silenziosa e progressiva agli occhi che appare in crescita soprattutto fra gli anziani (in particolare, dai 75 anni in su), compromettendo gradualmente la zona centrale della retina, per motivi ancora non del tutto individuati. Quando la degenerazione maculare si presenta, le persone colpite hanno difficoltà più o meno pesanti a leggere, riconoscere i volti e svolgere le normali attività quotidiane, come guidare un’automobile.
Attualmente, non esistono cure efficaci per questa malattia, mentre c’è qualche tipo di trattamento per un’altra forma di degenerazione maculare, minoritaria (10-15% dei casi) ma più rapida e aggressiva, chiamata umida, perché è causata da un aumento anomalo dei vasi sanguigni.

Eparan Solfato: protagonista della degenerazione maculare secca

Ma torniamo alla forma secca, nettamente la più frequente. I ricercatori californiani hanno puntato l’attenzione su una sostanza, l’eparan solfato, che viene prodotta in modo naturale dall’organismo ma - e qui sta la loro scoperta - sembra avere anche un ruolo da protagonista nella degenerazione maculare senile.

In che modo? Da tempo si sa che la malattia è caratterizzata da accumuli di “detriti” lipidici e proteici, chiamati drusen, simili a capocchie di spillo, che si formano nella parete posteriore dell’occhio (per la precisione, tra due strati chiamati epitelio pigmentato retinico e membrana di Bruch), ostacolando il metabolismo della retina (che si trova sopra questi strati) e accelerando la degenerazione delle cellule fotorecettrici. In seguito alla presenza dei drusen si determina gradualmente una macchia scura al centro del campo visivo, che può espandersi progressivamente.

Ebbene, gli studiosi californiani hanno scoperto che l’eparan solfato interviene nella membrana di Bruch come potente "collante molecolare”, e favorisce così l’accumulo dei frammenti lipidici e la creazione dei drusen.
Infatti, come i ricercatori scrivono sulla rivista scientifica PNAS, questa sostanza si trova in grandi quantità nell’occhio dei pazienti con la degenerazione maculare secca. Quando, invece, l’eparan solfato è assente o viene bloccato, le particelle di grasso non si accumulano. Dunque, suggeriscono i ricercatori, intervenire su questa “interazione appiccicosa” potrebbe diventare un modo per prevenire, o addirittura invertire, i segni della degenerazione maculare, prima che si verifichi la perdita della vista.

Eparan solfato e eparina: la somiglianza che potrebbe aiutare la ricerca

Ma come si può ottenere questo risultato? Gli studiosi americani hanno provato a utilizzare l’eparina, una sostanza con effetti anticoagulanti che è strettamente imparentata all’eparan solfato, dal punto di vista chimico, ma con una struttura e una funzione molto diversa. La “somiglianza” permette all’eparina di “mimare”, i comportamenti dell’eparan solfato, legandosi ai detriti lipidici.

Tuttavia, a differenza dell’eparan solfato, l’eparina riesce poi a “lavare” via questi detriti - eliminando quindi i drusen, almeno nelle prove di laboratorio.
Secondo i ricercatori si può ipotizzare che sostanze come l’eparina possano quindi servire, in futuro, a frenare o rallentare la degenerazione maculare secca.
Saranno necessari, però, ancora nuovi studi e bisognerà anche utilizzare - avvertono - forme modificate di questa molecola, senza il forte effetto anticoagulante dell’eparina classica, che potrebbe diventare pericoloso, se usato a lungo (perché potrebbe favorire emorragie). Insomma, un’ulteriore sfida nella sfida...


 

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Paolo Rossi Castelli
Giornalista professionista, Paolo si occupa da molti anni di divulgazione scientifica, soprattutto nel settore della medicina e della biologia. È l'ideatore dello Sportello Cancro, il sito creato da corriere.it sull'oncologia in collaborazione con la Fondazione Umberto Veronesi. Ha scritto per le pagine della Scienza del Corriere della Sera e per altre testate nazionali. È fondatore e direttore di PRC-Comunicare la scienza.

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