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Paolo Rossi Castelli27 giu 20181 min read

Ricreare l’intestino? Si può grazie (anche) a una molla

Ricreare in laboratorio organi (o parti di organi) di animali, o anche umani, simili a quelli presenti all’interno del corpo, per studiare meglio le malattie e le possibili cure, o per futuri, rivoluzionari trapianti: può sembrare fantascienza, con risvolti anche inquietanti, ma è, invece, un filone reale e importante della ricerca. Numerosi gruppi nel mondo si stanno impegnando per ottenere questi organoidi (in termine tecnico si chiamano così), che partono da cellule staminali e “producono”, poi, agglomerati biologicamente attivi, simili all’organo “vero”.

Risultati significativi sono stati ottenuti finora con il fegato, la pelle, la trachea, la cartilagine e laringe. Grandi difficoltà sono emerse, invece, per l’intestino, perché questo organo, quando si sviluppa all’interno del corpo umano, viene “tirato” e teso da forze molteplici (legate all’anatomia), che sono quantomai complicate da riprodurre, se si vuole ottenere un organoide. Ma una tecnica messa a punto dai bioingegneri francesi dell’INSERM di Nantes e dai ricercatori del Cincinnati Children’s Hospital Medical Center (Stati Uniti) sembra avere risolto, almeno in parte, il problema. Gli studiosi hanno inserito una sorta di molla di nitinol (una lega di nichel e titanio) lunga circa un centimetro all’interno dei topi su cui erano state impiantate cellule staminali umane (per ricreare, appunto, un organoide di intestino).

La molla, compressa all’interno di una capsula di gelatina che si è sciolta gradualmente, ha liberato una forza paragonabile a quella che, normalmente, è presente nell’intestino umano vero. Dopo dieci settimane, i topi hanno prodotto organoidi intestinali umani lunghi circa 1,2 centimetri, cioè più del doppio rispetto a quelli che si erano creati all’interno di topi senza molle. Ma – quello che è più importante – gli organoidi ottenuti con la molla avevano caratteristiche molto più simili a quelle di un intestino adulto (per esempio, mostravano villi intestinali ben sviluppati).

Questi organoidi intestinali non potranno essere utilizzati per i trapianti (gli esperimenti dovranno procedere ancora a lungo). È però possibile – sostengono gli esperti – che aggregati di cellule pro-dotti da animali più grandi dei topi e più simili all’uomo, come i maiali, trovino in futuro questa applicazione.

Lo studio dei ricercatori francesi e americani è stato pubblicato sulla versione online della rivista Nature Biomedical Engineering, ed è stato ripreso anche dalla rivista Science.

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Paolo Rossi Castelli

Giornalista dal 1983, Paolo si occupa da anni di divulgazione scientifica, soprattutto nel campo della medicina e della biologia. È l'ideatore dello Sportello Cancro, il sito creato da corriere.it sull'oncologia in collaborazione con la Fondazione Umberto Veronesi. Ha collaborato per diversi anni con le pagine della Scienza del Corriere della Sera. È fondatore e direttore di PRC-Comunicare la scienza.

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