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Stimolazione cerebrale contro i disturbi ossessivi
Paolo Rossi Castelli20 ott 20223 min read

Stimolazione cerebrale contro i disturbi ossessivi

Un’analisi eseguita da ricercatori USA dimostra che l’inserimento di sottili elettrodi nel cervello può ridurre i sintomi delle forme più gravi, che non rispondono agli altri trattamenti. È però una procedura invasive.

La stimolazione cerebrale profonda (deep brain stimulation), tramite sottilissimi elettrodi che vengono inseriti nel cervello dal neurochirurgo, può ridurre in modo significativo i sintomi delle forme più pesanti, non curabili in altri modi, del disturbo ossessivo-compulsivo (DOC) grave. Lo dimostra un'analisi pubblicata dal Journal of Neurology, Neurosurgery & Psychiatry (gruppo British Medical Journal).

Il DOC, lo ricordiamo, può presentarsi in moltissime forme diverse ed è caratterizzato da pensieri ossessivi invadenti e persistenti (per esempio, lossessione di essere esposti a pericoli in realtà solo immaginari), insieme a comportamenti disfunzionali e ritualizzati. Tali comportamenti vengono intrapresi per tentare, in modo spesso impossibile, di superare queste ossessioni che nei casi più gravi interferiscono con le attività quotidiane in modo sempre più “invalidante”, fino a compromettere la normale gestione della vita.

Spesso il DOC si presenta già in età giovanile ed è accompagnato da grave depressione e ansia. I farmaci e la terapia cognitivo-comportamentale possono essere molto efficaci, ma in circa un caso su dieci, invece, non funzionano.

Deep brain stimulation per contratare il doc

Sebbene vari studi abbiano suggerito che la deep brain stimulation (o DBS) possa rivelarsi efficace nei casi più “difficili” di DOC, non sempre è stato quantificato il bilancio tra fattori positivi e problemi legati a questa tecnica.

Per cercare di fornire una risposta definitiva sono intervenuti gli psichiatri e i neurochirurghi del Baylor College of Medicine di Houston, in Texas, che hanno eseguito una metanalisi (cioè hanno esaminato e confrontato i dati di tutti i principali studi usciti sullargomento negli ultimi anni), pubblicando poi le loro conclusioni sul Journal of Neurology, Neurosurgery & Psychiatry.

In particolare, i ricercatori hanno preso in esame 34 studi condotti dal 2005 al 2021, che hanno coinvolto 345 malati delletà media di 40 anni, una parte dei quali con sintomi non trattabili che persistevano da almeno 5 anni; altri pazienti, invece, avevano sintomi gravi da 10 anni (con almeno 2 anni di tentativi farmacologici falliti). Ansia e depressione, o disturbi della personalità, erano molto spesso presenti, e talvolta in forme gravi. Tutti i 345 pazienti considerati erano stati curati con limpianto di elettrodi nel cervello, e poi seguiti per almeno 2 anni.

Il risultato, scrivono gli psichiatri di Houston, è stato che due terzi dei pazienti hanno avuto benefici misurabili, con una forte riduzione dei sintomi nel 47% dei casi. Un secondo parametro analizzato è stato l
incidenza della depressione, diminuita in un malato su due, e attenuata almeno parzialmente nel 16% dei casi.

Non mancano i problemi

Si sono verificati, però, anche effetti collaterali quali infezioni, convulsioni, ictus o sviluppo di nuove ossessioni (in meno dell1% delle persone trattate): quasi otto pazienti su dieci hanno sperimentato almeno un problema di una certa gravità, fatto che comunque non stupisce, visto che la stimolazione cerebrale profonda è una cura invasiva, e che i meccanismi allorigine del disturbo ossessivo-compulsivo non sono del tutto conosciuti.

La stimolazione cerebrale prevede, come dicevamo, linserimento nel cervello di elettrodi molto sottili, che scendono fino alle aree ritenute responsabili del DOC. Lintervento avviene in anestesia locale, con la collaborazione del paziente, che deve eseguire alcune piccole manovre, come aprire e chiudere una mano, su indicazione del chirurgo (tutto questo è necessario per controllare in diretta che non subentrino danni a causa della manovra neurochirurgica).

Gli elettrodi vengono poi collegati a una piccola apparecchiatura esterna (una sorta di pacemaker), sistemata sotto la pelle vicino alla clavicola o nella regione addominale, che genera deboli cariche elettriche ed è regolabile. Queste debolissime cariche vanno a interferire con le aree cerebrali coinvolte nel DOC, mitigando in molti casi i suoi effetti.

Necessaria un'alleanza

La DBS è già utilizzata da tempo per alleviare i sintomi anche della malattia di Parkinson. Essendo molto invasiva, va utilizzata solo in casi selezionati con particolare attenzione, quando tutte le altre tecniche hanno fallito, stabilendo unautentica alleanza terapeutica fra il medico e il paziente: una collaborazione stretta e sincera in grado di aiutare il malato a comprendere esattamente i rischi, e a gestire al meglio un sistema che, una volta impiantato, richiede un raffinato sistema di messa a punto, con la partecipazione diretta del paziente stesso.

 

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Paolo Rossi Castelli

Giornalista dal 1983, Paolo si occupa da anni di divulgazione scientifica, soprattutto nel campo della medicina e della biologia. È l'ideatore dello Sportello Cancro, il sito creato da corriere.it sull'oncologia in collaborazione con la Fondazione Umberto Veronesi. Ha collaborato per diversi anni con le pagine della Scienza del Corriere della Sera. È fondatore e direttore di PRC-Comunicare la scienza.

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