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Conus geographus
Paolo Rossi Castelli07 apr 20223 min read

Super-insulina dalle lumache d’acqua

Alcune lumache del genere Conus producono insulina a effetto rapidissimo, che utilizzano per stordire le loro prede. Negli esseri umani, opportunamente rielaborata, questa molecola può risultare utile per i diabetici.

Le lumache d’acqua del genere Conus, diffuse soprattutto nelle acque dell’Australia, sono da tempo studiate per i potentissimi veleni con cui catturano le loro prede, in genere piccoli pesci (ma possono risultare molto pericolose anche per gli uomini).

Oltre ai veleni veri e propri alcune lumache, come quella chiamata Conus geographus, utilizzano anche particolari tipi di insulina, iniettandoli nella preda. Queste insuline sono così “forti” che causano un immediato e drastico abbassamento della concentrazione di zuccheri nel sangue, cui segue la morte o la paralisi e lo stordimento, eventi che permettono a Conus geographus di catturare il pesce per poi ucciderlo e mangiarlo.
Ebbene, quello che per i piccoli pesci è un prodotto letale, potrebbe risultare invece molto utile, adeguatamente trattato, per contrastare con efficacia il diabete negli esseri umani.

Ridurre i valori del diabete con un tipo di insulina più efficace
L’insulina, lo ricordiamo, nel nostro organismo viene prodotta dal pancreas e serve per abbattere i picchi di zuccheri presenti nel sangue e per consentire alle cellule di utilizzare gli zuccheri stessi, e creare poi energia. I diabetici non producono più insulina (diabete di tipo 1, autoimmune), o ne producono un tipo inefficiente (diabete di tipo 2), e per questo devono compensare, iniettandosi farmaci a base di insulina sintetica, ma con risultati in alcuni casi non ottimali, poiché l’attivazione di questa molecola non sempre è immediata.

Ottenere un tipo di insulina più efficace, prendendo ispirazione dalle lumache d’acqua, sarebbe un interessante passo avanti. In questa direzione va uno studio pubblicato sulla rivista scientifica Nature Chemical Biology, nell’ambito del quale i ricercatori dell’Università di Stanford, insieme ai colleghi dell’Università dello Utah e di quella di Copenaghen, propongono un’insulina umana “incrociata” con quella di un tipo di lumaca d’acqua – la Conus kinoshitai – che sembra garantire un effetto immediato.

Già nel 2020 il team di ricerca era riuscito a realizzare un’insulina ibrida di Conus geographus mista a quella umana, ma ora gli studiosi hanno puntato sull’insulina del Conus kinoshitai, che ha una struttura molto diversa da quella del geographus, ma caratteristiche e potenzialità del tutto simili, anzi superiori.

Non si creano aggregati
Il vantaggio di questo tipo di insulina è che non produce aggregati, come si dice in termine tecnico, e per questo può essere utilizzata con prontezza dall’organismo.

Cosa sono gli aggregati? Normalmente l'insulina umana viene prodotta e immagazzinata nel pancreas fino a quando non diventa necessaria per gestire i livelli di zucchero nel sangue. Per rendere più efficiente la conservazione (lo “stoccaggio” nel pancreas), le singole molecole di insulina si uniscono collegandosi prima in coppie, definite dimeri, e poi in gruppi di sei. La stessa cosa avviene per l’insulina sintetica. Questi “ammassi” rappresentano un impedimento quando l’insulina viene iniettata a un diabetico, e l’efficacia può non essere immediata. Insomma, fino a quando le molecole non si dissociano e tornano “singole”, raggiungono con difficoltà il flusso sanguigno.

Tutto questo crea un ritardo che può rendere difficile, per le persone malate di diabete, mantenere la glicemia entro i limiti ottimali e aumenta il rischio di complicanze.

Una nuova via
Le insuline che arrivano dal mare, grazie alla loro utilizzazione istantanea, potranno migliorare in modo significativo la gestione del diabete, se altri studi confermeranno quello che i ricercatori hanno visto finora.

“In ogni caso abbiamo aperto una strada interessante per lo sviluppo di migliori terapie per le persone con diabete” conferma con orgoglio il biochimico Christopher Hill, docente all’Università dello Utah e coautore dello studio.

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Paolo Rossi Castelli

Giornalista dal 1983, Paolo si occupa da anni di divulgazione scientifica, soprattutto nel campo della medicina e della biologia. È l'ideatore dello Sportello Cancro, il sito creato da corriere.it sull'oncologia in collaborazione con la Fondazione Umberto Veronesi. Ha collaborato per diversi anni con le pagine della Scienza del Corriere della Sera. È fondatore e direttore di PRC-Comunicare la scienza.

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