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IBSA Foundation_antidiabete occhio
Paolo Rossi Castelli09 nov 20232 min read

Un impianto oculare per curare il diabete

I ricercatori del Karolinska Institutet di Stoccolma hanno sperimentato un dispositivo microscopico, contenente cellule del pancreas, da inserire fra la cornea e l’iride (dove il sistema immunitario non arriva, e dunque non c’è rigetto).

Nel corpo umano c’è un luogo davvero unico: la camera anteriore dell’occhio, il piccolo spazio situato tra la cornea (la sottilissima lamina trasparente che copre l’iride) e l’iride stessa. In questo spazio, che è riempito da un liquido chiamato umor acqueo, non ci sono vasi sanguigni (che renderebbero non più trasparente la cornea), e il nutrimento si diffonde attraverso questo liquido. Non essendoci irrorazione sanguigna, non arriva nemmeno il sistema immunitario, e dunque non ci sono reazioni di rigetto.
Questa “camera” è facilmente accessibile, dal punto di vista chirurgico, senza bisogno di interventi invasivi, ed è, dicevamo, del tutto trasparente, consentendo così di verificare con la sola osservazione ottica ciò che vi succede.

Per questo i ricercatori del Royal Institute of Technology e del Karolinska Institutet di Stoccolma, in Svezia, hanno pensato di utilizzarla come luogo ideale, dove inserire un dispositivo microscopico che contiene cellule beta pancreatiche (le cellule capaci di produrre l’insulina), per curare tutti i tipi di diabete, quando quelle naturali, presenti nel pancreas, non funzionano più.

Un dispositivo "bioibrido" stampato in 3D

Come viene spiegato sulla rivista scientifica Advanced Materials, il dispositivo è un “bioibrido” stampato in 3D con una resina concepita per essere compatibile con l’occhio, delle dimensioni di 240 micrometri (millesimi di millimetro), a forma di cuneo. Al suo interno contiene le cellule beta, un chip di alimentazione e un sistema per il fissaggio manuale, senza suture, nell’angolo tra l’iride e la cornea. Durante i test effettuati sugli animali da laboratorio, il dispositivo è rimasto stabilmente nella sua posizione per oltre 20 settimane, ed è stato integrato rapidamente dai tessuti vicini, iniziando a funzionare e a secernere l’insulina (che è poi finita nei vasi sanguigni circostanti ed è andata in circolo).

In preparazione testi anche sull'uomo

Nuovi studi sono in corso per arrivare alla sperimentazione del dispositivo anche nell’occhio umano. Ma oltre alla cura del diabete, i ricercatori stanno studiando la possibilità di utilizzare questa tecnica anche per altre possibili terapie, quando è necessario somministrare all’organismo qualche tipo specifico di cellule che mancano o non funzionano a dovere. I vantaggi sembrano evidenti: il sistema non è invasivo, non comporta un rischio di rigetto e, come si diceva, permette di verificare nel tempo stabilità e funzionamento di ciò che è stato trapiantato, con una semplice osservazione visiva. Ma nuove ricerche saranno comunque necessarie.


 

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Paolo Rossi Castelli

Giornalista dal 1983, Paolo si occupa da anni di divulgazione scientifica, soprattutto nel campo della medicina e della biologia. È l'ideatore dello Sportello Cancro, il sito creato da corriere.it sull'oncologia in collaborazione con la Fondazione Umberto Veronesi. Ha collaborato per diversi anni con le pagine della Scienza del Corriere della Sera. È fondatore e direttore di PRC-Comunicare la scienza.

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