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IBSA Foundation_malattie autoimmuni
Paolo Rossi Castelli28 set 20232 min read

Vaccino “inverso” contro le malattie autoimmuni

Importante sperimentazione condotta negli USA. Un particolare tipo di vaccino spinge le cellule del sistema immunitario - che aggrediscono per errore i tessuti sani dell’organismo - a dimenticare tale reattività.

Per contrastare le reazioni autoimmunitarie all’origine di patologie quali il diabete di tipo 1, la sclerosi multipla o la malattia di Crohn, in un futuro non molto lontano potrebbe arrivare una forma di vaccinazione molto particolare, chiamata “inversa”.

Se infatti con i vaccini contro i virus e i batteri si fa di tutto affinché le cellule del sistema immunitario mantengano la memoria dei microrganismi che incontrano (e reagiscano ogni volta che si ripresentano), con l’immunizzazione inversa si cerca di ottenere l’esatto opposto.

Prevenzione delle malattie autoimmuni

Si cerca di fare in modo, cioè, che le cellule del sistema immunitario che aggrediscono per errore i tessuti sani dell’organismo dimentichino tale reattività, e non li vedano più come bersagli contro i quali scagliarsi. Se questa strategia avesse successo, la reazione autoimmune scomparirebbe, con ripercussioni terapeutiche molto positive e importanti.
L’idea, illustrata da un gruppo di immunologi della Pritzker School of Molecular Engineering dell’Università di Chicago (Stati Uniti), rappresenta l’evoluzione di un lavoro che quegli stessi ricercatori stanno portando avanti da anni, e che aveva già condotto alla dimostrazione della possibilità di prevenire le malattie autoimmuni. I nuovi dati, pubblicati sulla rivista scientifica Nature Biomedical Engineering, per ora provenienti solo da modelli animali, dimostrano che la vaccinazione inversa può essere efficace anche quando la malattia è già presente, e può essere quindi terapeutica.

Una molecola-interruttore

Per arrivare a questo risultato, i ricercatori hanno sfruttato un meccanismo già presente nell’organismo e, soprattutto, nel fegato, dove i frammenti delle cellule invecchiate o morte, e diversi altri tipi di detriti che potrebbero mettere in allarme il sistema immunitario, vengono resi inoffensivi e “invisibili” grazie a una molecola chiamata N-acetil-galattosamina o pGal.

In pratica, questa molecola, quando viene agganciata ai detriti, comunica al sistema immunitario di non attaccare quei frammenti, per quanto anomali siano.
I ricercatori hanno quindi pensato che unire pGal alle proteine dei tessuti che scatenano le reazioni autoimmuni avrebbe potuto portare allo stesso tipo di risultato, e cioè l’inattività del sistema immunitario.

E il trucco, in effetti, ha funzionato: nei modelli animali di sclerosi multipla, malattia nella quale la reazione autoimmune è diretta contro la mielina (la sostanza che avvolge e protegge le fibre nervose), la presenza di pGal agganciata alla mielina stessa ha portato velocemente allo spegnimento dei linfociti T che di solito alimentano l’attacco, e a un graduale ripristino di ciò che era già andato perso, con un recupero funzionale parziale della motilità degli animali. La stessa strategia si è rivelata efficace anche in altri modelli di malattie autoimmuni, sempre grazie al mascheramento delle proteine responsabili con pGal.

Sperimentazione clinica in corso
Ci vorrà tempo prima di arrivare a vaccini inversi per i pazienti, ma sono già stati condotti i primi test su persone colpite dalla celiachia, con risultati incoraggianti. E sta per essere avviata un’altra sperimentazione su malati di sclerosi multipla.
Se si arrivasse a vaccini inversi per tutte le malattie autoimmuni, si tratterebbe, come dicevamo, di una vera rivoluzione, perché si riuscirebbe a spegnere la reazione sbagliata in modo estremamente specifico e definitivo, senza bisogno di intervenire su tutto il sistema immunitario, come invece accade ancora oggi, con farmaci che cercano di ridurre l’attività dell’intero sistema difensivo (innescando, però, una serie di possibili effetti collaterali).

 


 

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Paolo Rossi Castelli

Giornalista dal 1983, Paolo si occupa da anni di divulgazione scientifica, soprattutto nel campo della medicina e della biologia. È l'ideatore dello Sportello Cancro, il sito creato da corriere.it sull'oncologia in collaborazione con la Fondazione Umberto Veronesi. Ha collaborato per diversi anni con le pagine della Scienza del Corriere della Sera. È fondatore e direttore di PRC-Comunicare la scienza.

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