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Paolo Rossi Castelli27 mag 20191 min read

Dalla California una plastica riciclabile (davvero) al 100% | Fondazione IBSA

Questa estrema possibilità di riciclaggio, come riferisce la rivista scientifica Nature Chemistry, è resa possibile da un particolare tipo di legame chimico fra i monomeri (derivati dagli idrocarburi), che è più debole rispetto a quello presente nella plastica tradizionale, e per questo può essere scisso più facilmente. Il nuovo tipo di plastica, chiamato poliedichetoenamina (in sigla, PDK), potrebbe dunque rappresentare un passo avanti importante nella produzione di plastica “pulita” e nella battaglia contro l’inquinamento, soprattutto dei mari.

Gli attuali tipi di plastica, compresi quelli più riciclabili (il polietilene), contengono molte sostanze, come elasticizzanti, ritardanti di fiamma, coloranti e altre ancora, che si legano ai monomeri e formano, nell’insieme, strutture complesse, difficili da scindere (per questo riutilizzabili solo in parte: il polietilene, per esempio, non supera quota 20-30%). Il PDK, invece, può liberare i monomeri di materiale plastico puri, privandoli – come dicevamo – di tutte le altre molecole, e rendendoli disponibili per nuovi utilizzi.

I ricercatori stanno ora cercando di ottimizzare le proprietà del PDK, per riuscire a ottenerne sottotipi da impiegare nei tessuti e nelle stampanti 3D, e per avere monomeri composti anche da materiali di partenza vegetali (quindi non solo dai derivati del petrolio): caratteristica che potrebbe rappresentare un ulteriore, significativo passo in avanti verso la produzione di plastiche non inquinanti.

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Paolo Rossi Castelli

Giornalista dal 1983, Paolo si occupa da anni di divulgazione scientifica, soprattutto nel campo della medicina e della biologia. È l'ideatore dello Sportello Cancro, il sito creato da corriere.it sull'oncologia in collaborazione con la Fondazione Umberto Veronesi. Ha collaborato per diversi anni con le pagine della Scienza del Corriere della Sera. È fondatore e direttore di PRC-Comunicare la scienza.

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