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Paolo Rossi Castelli17 giu 20192 min read

Nel DNA “spazzatura” le mutazioni che innescano l’autismo? | Fondazione IBSA

Il cosiddetto DNA spazzatura, o junk, potrebbe avere un ruolo importante nell’insorgenza dell’autismo. Lo sostengono i neurologi del Flatiron Institute’s Center for Computational Biology di New York, che hanno pubblicato i risultati dei loro studi sulla rivista scientifica Nature Genetics. Per junk DNA si intende quella parte del nostro codice genetico – ben il 98% del totale – che non codifica nessuna proteina (per questo viene anche chiamato DNA non codificante). A lungo si è pensato che non servisse a nulla, ma con il passare del tempo è risultato sempre più chiaro che, pur non producendo direttamente proteine, questa parte del codice genetico ha numerose altre funzioni, soprattutto quella di regolare l’ “espressione” del DNA codificante.

Ora lo studio dei ricercatori americani lo conferma, e consente anche di proporre una nuova interpretazione dell’autismo. «Questa è la prima chiara dimostrazione – ha detto Olga Troyanskaya, vicedirettrice per la genomica del Center for Computational Biology – che mutazioni non ereditarie e non codificanti possono causare una malattia o un disturbo umano complesso». Nel caso dell’autismo, queste mutazioni si affiancano, in realtà, ad altre, già conosciute, che sono presenti nella parte codificante del DNA e compaiono in circa il 30% degli autistici.

Ma come hanno fatto i ricercatori americani a dimostrare che il junk DNA ha un possibile, importante ruolo nell’autismo (o, quantomeno, può aumentare il rischio che l’autismo si presenti)? I neurologi e i genetisti hanno utilizzato sistemi di intelligenza artificiale e di “deep learning” molto potenti, in grado di individuare possibili interazioni fra tratti del DNA spazzatura e geni codificanti (cioè, semplificando molto, in grado di prevedere possibili regolazioni “sbagliate” dei geni codificanti da parte del junk DNA). Con questi strumenti i ricercatori hanno esaminato il codice genetico di 1.790 persone autistiche e quello dei loro fratelli e dei genitori (esenti da questa malattia). Così si sono resi conto che, nelle persone con autismo, c’era un numero insolitamente alto di mutazioni potenzialmente negative proprio all’interno del junk DNA. Queste mutazioni apparivano, invece, assenti nei parenti sani e quindi erano, con ogni probabilità, specifiche della malattia, casuali e spontanee.

Per quanto riguarda la funzione, è probabile – dicono i ricercatori – che queste mutazioni influenzino negativamente la maturazione delle cellule nervose durante lo sviluppo fetale e i primi anni di vita: e questo spiegherebbe gli effetti dell’autismo sulle facoltà cognitive e comportamentali. La nuova interpretazione delle possibili cause (o concause) dell’autismo potrebbe portare, in futuro, a nuove terapie per curare questa patologia, tuttora estremamente difficile da trattare. Questa, almeno, è la speranza degli studiosi.

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Paolo Rossi Castelli

Giornalista dal 1983, Paolo si occupa da anni di divulgazione scientifica, soprattutto nel campo della medicina e della biologia. È l'ideatore dello Sportello Cancro, il sito creato da corriere.it sull'oncologia in collaborazione con la Fondazione Umberto Veronesi. Ha collaborato per diversi anni con le pagine della Scienza del Corriere della Sera. È fondatore e direttore di PRC-Comunicare la scienza.

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