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Paolo Rossi Castelli16 ott 20203 min read

Un algoritmo per correggere i farmaci troppo “maschili” | Fondazione IBSA

Un algoritmo per prevedere, tramite sistemi di intelligenza artificiale, in che modo molti farmaci attualmente in commercio, sperimentati quasi soltanto sugli uomini (per varie ragioni), possono creare eventuali problemi inaspettati alle donne.

La nuova formula matematica si chiama AwareDX (acronimo di Analyzing Women At Risk for Experiencing Drug toXicity) ed è stata messa a punto dal Dipartimento di Informatica Biomedica della Columbia University di New York.

Di cosa si tratta? «Le donne impiegano più tempo a metabolizzare i farmaci – scrivono i ricercatori, sulla rivista scientifica Patterns, del gruppo Cell – e vanno incontro a un rischio doppio di sviluppare reazioni avverse, rispetto agli uomini. Purtroppo, però, queste differenze di sesso non vengono ancora valutate in modo completo».

AwareDX è nato proprio per cercare di individuare i possibili punti deboli, a proposito di determinati tipi di medicinali, e prevenirli in anticipo. Il sistema di intelligenza artificiale attinge al FAERS (FDA Adverse Event Reporting System), un grande archivio della farmacovigilanza negli Stati Uniti, che contiene le segnalazioni degli effetti avversi dei farmaci in commercio, arrivate dai consumatori, dagli operatori sanitari e dai produttori, negli ultimi 50 anni.

AwareDX raggruppa i dati in sottoinsiemi bilanciati per sesso, prima di cercare modelli e tendenze. Per migliorare i risultati, l’algoritmo ripete l’intero processo 25 volte. Grazie ad AwareDX i ricercatori hanno delineato ben 20.000 potenziali effetti differenti fra uomini e donne, verificandone molti, tramite i dati del FAERS.

Ad esempio, si sono soffermati su un gene (un tratto attivo del DNA) chiamato ABCB1, che governa, nel caso di molti farmaci, la quantità di medicinale utilizzabile dall’organismo, e il tempo di permanenza. Questo gene è più attivo negli uomini, e AwareDX ha individuato due farmaci (uno contro il colesterolo e un antipsicotico) che producono effetti diversi, a seconda del sesso, proprio per l’azione di ABCB1.

«La cosa più importante per noi – ha spiegato Payal Chandak, uno degli autori dello studio – è che non solo abbiamo potuto disporre di un database degli eventi avversi, ma siamo anche riusciti a dimostrare la possibilità di prevedere in anticipo le differenze genetiche tra uomini e le donne per alcuni di questi eventi».

I ricercatori sperano che le “intuizioni” di AwareDX possano aiutare i medici a fare scelte più informate, quando prescrivono farmaci, soprattutto alle donne.

Ma perché la maggior parte dei medicinali viene sperimentata quasi soltanto sugli uomini? «Gli studi clinici – scrivono i ricercatori su Patterns – sono stati storicamente condotti su popolazioni di pazienti “omogenee” (per esempio, maschi bianchi).

Fino al 1993, la Food and Drug Administration (FDA, l’ente che regola e controlla l’uso dei medicinali negli Stati Uniti, ndr) ha designato le donne come uno speciale sottogruppo di pazienti durante le sperimentazioni cliniche. Un decennio dopo la revoca di questa “prescrizione”, le donne sono comunque rimaste gravemente sottorappresentate negli studi clinici».

Nelle sperimentazioni vengono inseriti soprattutto gli uomini, perché l’organismo maschile è più stabile, rispetto a quello delle donne. Il ciclo mestruale modifica di continuo l’assetto ormonale e influenza numerosissime reazioni biochimiche, a seconda delle diverse fasi: uno studio completo dovrebbe tenere conto di tutto questo, ma avrebbe costi molto più alti, e una maggiore complessità di gestione.

Le donne, comunque, non sono l’unica parte della popolazione sotto-studiata. Anche intere etnie vengono trascurate dalla ricerca, perché la maggior parte degli studi, soprattutto nel settore oncologico – come ha sottolineato recentemente Harold Varmus, premio Nobel per la medicina – vengono condotti su popolazioni bianche, non considerando a sufficienza gli altri gruppi.

Varmus, ha lanciato, a questo proposito, il progetto Polyethnic-1000, insieme al New York Genome Center, per cercare di modificare la situazione.

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Paolo Rossi Castelli

Giornalista dal 1983, Paolo si occupa da anni di divulgazione scientifica, soprattutto nel campo della medicina e della biologia. È l'ideatore dello Sportello Cancro, il sito creato da corriere.it sull'oncologia in collaborazione con la Fondazione Umberto Veronesi. Ha collaborato per diversi anni con le pagine della Scienza del Corriere della Sera. È fondatore e direttore di PRC-Comunicare la scienza.

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