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IBSA Foundation_Fagi neonati
Paolo Rossi Castelli12 mag 20232 min read

L’intestino dei neonati: un microcosmo inesplorato

Durante il primo anno di vita, l'intestino umano si arricchisce di batteri e virus che possono influire sulla salute dell'individuo. Un recente studio ha individuato ben 10.000 specie di virus, molte delle quali sconosciute, presenti nelle feci dei neonati.

Un microcosmo quasi del tutto inesplorato. È questo, in poche parole, lintestino dei neonati nel primo anno di vita. Un mistero che è un po’ meno oscuro grazie a uno studio pubblicato sulla rivista scientifica Nature Microbiology dai ricercatori di alcune università danesi, canadesi e francesi.

Volendo focalizzare la propria attenzione non tanto sui batteri, già oggetto di migliaia di studi, ma sui virus presenti, gli autori hanno analizzato i campioni delle feci di 647 bambini appartenenti al gruppo (in termine tecnico, coorte) che era stato creato, nel 2010, per i Copenhagen Prospective Studies on Asthma in Childhood (COPSAC). I ricercatori hanno esaminato attentamente i materiali che erano stati raccolti e conservati durante i primi 12 mesi di vita dei bambini, e sono così riusciti a identificare l’iperbolica cifra di 10.000 specie di virus nelle loro feci, appartenenti a 248 famiglie virali, solo 16 delle quali già note. Le altre 232 sono state tutte descritte e chiamate tenendo conto del nome del bambino in cui erano state isolate (ci sono, pertanto, nomi quali Sylvesterviridae, Rigmorviridae, Lauraviridae e Natasjaviridae).

Nel 90% dei casi – hanno scoperto i ricercatori – non si tratta di virus pericolosi per gli esseri umani, ma di virus dei batteri, meglio noti come batteriofagi o più semplicemente fagi, un tipo di microrganismi noto da tempo, ma che negli ultimi anni sta suscitando un interesse crescente, sia come bersaglio di potenziali terapie, sia per il ruolo svolto nell’ambito dei complessi equilibri del microbiota (l'insieme dei microrganismi che popolano l'intestino e altre parti del nostro corpo).

Due tipi diversi di virus

Si distinguono, in generale, due tipologie di batteriofagi: quelli detti virulenti, e quelli, più diffusi, che vengono chiamati temperati. I primi, riproducendosi all’interno dei batteri che infettano, e generando in ogni cellula 30-100 nuove particelle virali, causano la morte del batterio stesso. I batteriofagi temperati, invece, che integrano il proprio materiale genetico in quello del batterio infettato, rendono più resistente la loro vittima” e, per esempio, le insegnano a metabolizzare i nutrienti con maggiore efficienza.

Se i primi sono interessanti per possibili applicazioni terapeutiche, i secondi lo sono per il trasferimento di informazioni genetiche e l’ibridazione tra specie diverse, fenomeni ancora da comprendere fino in fondo, ma fondamentali per studiare l’evoluzione della vita e, probabilmente, di molte malattie.

Il restante 10% dei virus trovati era costituito da microrganismi tipicamente adattati alle cellule umane, e potenzialmente patogeni, anche se non tutti i virus pericolosi lo diventano e, anzi, si ritiene che la loro presenza serva, nella stragrande maggioranza dei casi, ad allenare il sistema immunitario a riconoscere il nemico, nel continuo affinamento delle proprie capacità tipico dei primi mesi post-natali.

L’influsso sulle malattie dell’età adulta

Come sottolineano i ricercatori, da ciò che accade durante queste complesse interazioni può dipendere la salute del bambino, e anche quella dell’adulto che il piccolo diventerà. Per questo la mappatura è un fondamentale primo passo.

Intanto, gli stessi autori stanno proseguendo sia l’approfondimento dei meccanismi di base di alcuni dei virus e dei fagi isolati, sia lo studio delle relazioni con malattie tipicamente infantili quali l’asma o la sindrome da iperattività-deficit dell’attenzione.

 

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Paolo Rossi Castelli

Giornalista dal 1983, Paolo si occupa da anni di divulgazione scientifica, soprattutto nel campo della medicina e della biologia. È l'ideatore dello Sportello Cancro, il sito creato da corriere.it sull'oncologia in collaborazione con la Fondazione Umberto Veronesi. Ha collaborato per diversi anni con le pagine della Scienza del Corriere della Sera. È fondatore e direttore di PRC-Comunicare la scienza.

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